1566: Ampliamento del comune di Governolo

 

(tratto da Claudio Gobbetti: "Governolo: un viaggio nella storia" p.89)

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Nel 1566 gli abitanti del comune di Casaletto domandarono di essere messi alla dipendenza del comune di Governolo. Questa notizia viene data da Antonino Bertolotti in « I comuni e le parrocchie di Mantova », pag. 165.

Due importanti documenti cartacei di quando Governolo era un importante capoluogo comunale.

 

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 Testimonianze sul comune di Governolo

Il giorno 20 dicembre dell'anno 1774, i reggenti del comune di Governolo, Giacomo Lanzoni, Bartolomeo Gandini e il « deputato comunale » Gavoliano Orioli, risposero ai quesiti degli austriaci che ne occuparono il territorio. Si tratta di ben 47 domande aventi come scopo il rilievo della situazione economica territoriale. 1 registri di questi documenti sono conservati nell'Achivio di Stato di Mantova. Riporto alcune testimonianze che possono soddisfare la curiosità di quel tempo. Il numero dopo la lettera « r. » corrisponde a quello della domanda e rispettiva risposta del documento.

Il territorio di Governolo si divideva in due rami: uno sotto la pretura di Borgoforte, l'altro sotto quella di Ostiglia. (Segue la particolare descrizione dei confini) (r. 1).

Il comune non aveva controversie con le comunità confinanti 2).

L'unità di misura della superficie corrispondeva all'attuale biolca mantovana (mq. 3138,5969), corrispondente a tavole cento (r. 3).

Vi erano terreni coltivati a vite, a prato, a pascolo e a boschi. Non vi erano terreni coltivati a riso (r. 4).

Parte dei terreni erano coltivati a gelsi per la produzione delle gallette da seta (r. 6).

Il prezzo di stima in occasione di vendita dei terreni coltivati a vite erano: per quelli di migliore qualità cento scudi ogni biolca; per quelli mediocri settanta scudi; per quelli difficili cinquanta scudi (r. 9).

La legna dei boschi si scalvava a intervalli di tre anni. Non veniva affittata perché i padroni ne avevano poca quantità (r. 10).

Nei terreni migliori e mediocri si seminavano a rotazione: granoturco, frumento, segala e coltura in genere (prati) (r. 12).

Il trasporto per la vendita dei prodotti fuori dal territorio con carro e bovi, costava due lire per miglia (r. 20).

Tre paia di bovi erano in grado di arare una biolca e mezzo di terreno al giorno e venivano pagati ventiquattro lire (probabilmente era il noleggio degli animali). I giornalieri (lavoratori della terra a giornata) venivano pagati da S. Micbele fino alla Madonna di marzo (dal 27 settembre fino al 25 marzo) con soldi trenta e boccali tre di vino. Il rimanente periodo lire due al giorno e tre boccali di vino. Non viene specificato se il vino era una quota giornaliera o semestrale. 1 giornalieri forestieri venivano pagati il doppio (r. 21).

Nel comune di Governolo vi erano sette mulini posti nel fiume Po e un solo torchio ad olio (r. 24).

La comunità ogni anno formava una riunione generale alla presenza del pretore locale. Si sceglievano sette deputati, due dei quali con il titolo di reggente dovevano abitare in luogo. Si eleggeva il massaro per esigere le tasse rusticali (r. 26).

Le carte, scritture e i vari registri di calcolo sono presso il massaro perché non vi era l'archivio e cancelliere. Il massaro aveva lo stipendio annuo di lire 436. I « deputati comunali » e reggenti non venivano stipendiati (r. 27).

La somma degli abitanti ammontava a 2.570 (r. 32).

I padri di dodici figli godevano l'esenzione dalle tasse rusticali fino alla quarta generazione (r. 41).

Vi sono dei beni ecclesiastici ma il comune di Governolo non aveva il loro registro e per quelli antichi, non pagavano l'estimo né altri aggravi del comune (r. 43).

 

1797: Un episodio curioso

 

Il Dott. Alberto Benedini, direttore scolastico, in una sua pubblicazione edita in occasione del centenario della liberazione di Mantova dal dominio austriaco, riporta:

« ... il Risorgimento ebbe (da noi) alba precoce. Se ne potrebbe fissare la data in quel lontano 10 maggio 1797, quando, sulla piazza di Roncoferraro, in mezzo ad un quadrato formato da reparti a piedi e a cavallo dell'esercito francese e da contadini dei dintorni, venne piantato l'albero della libertà..., della libertà donata dalla Repubblica francese alla sorella Repubblica cisalpina, di cui i nuovi consiglieri comunali, guarda caso tutti governolesi!, erano i degni rappresentanti ... ».[7]

La festa finì con il triplice sparo dei fucili preceduto da un discorso ufficiale inneggiante alla libertà e alla fraternità.

 

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