Storia delle reliquie di S. Leone Magno

a Governolo

di Claudio Gobbetti

 Relazione tenutasi nel convegno storico "Attila e Papa Leone Magno"

tenutasi presso il Palazzo Ducale di Revere (MN) 30 marzo 1996

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Il dipinto del Borgani nella sagrestia della parrocchiale di Governolo

La Chiesa ricorda il Sommo Pontefice Leone I non solo per lo storico incontro con Attila (452) nelle vicinanze del fiume Mincio, ma anche come Santo da venerare per il suo gran coraggio nell’adempiere il suo pontificato in un periodo non molto facile. Il grande Pontefice è annoverato fra i grandi teologi della Chiesa: scrisse 96 sermoni, molte lettere e i suoi discorsi eccellono per profondità di pensiero e di stile.

Per la sua dotta cultura e intelligenza riuscì a risolvere nel Concilio di Calcedonia (451 un anno prima dello storico incontro con Attila) la grande controversia dottrinale contro Eutiche: il monofisismo.[1]

Il vescovo di Mantova frate Francesco Gonzaga e il duca Ferdinando Gonzaga (1613 - 1626), desideravano conoscere il luogo preciso in cui S. Leone Magno affrontò Attila lungo le rive del Mincio.[2]

Tale incarico fu affidato all’ingegnere idraulico e prefetto generale delle acque del ducato di Mantova, Gabriele Bertazzolo, figlio di Lorenzo (1570 - 1626), già noto a Governolo per la costruzione della importante conca sostegno poco distante dalla torre, che ha migliorato la navigazione lungo il fiume Mincio da Mantova a Venezia. Il noto ingegnere riuscì a dimostrare che tale incontro
avvenne a Governolo.[3]

Come?

Basandosi sull’affermazione del cronista storico Paolo Diacono[4], il quale nel 780 circa, (tre secoli dopo lo storico incontro) arricchisce il racconto con un nuovo particolare:

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Francesco Borgani (1614)
Lo storico incontro di S. Leone con il Re Attila alle foci del Mincio
Olio su tela conservato presso la parrocchiale di Governolo
.

 

...eo loco, Mincius fluvius in Padum influit”,

(nel luogo dove il Mincio entra nel Po). [5]

 

Poiché il fiume Mincio sfocia nel Po a Governolo, non esitò a dubitare che tale incontro avvenne nei pressi di tale paese del basso mantovano.

Nel 1609 pubblicò il progetto della chiusa di Governolo con annessa ricerca riguardo all'antico percorso del Mincio. Egli sostiene che anticamente il fiume Mincio sfociava nel Fissero e, scorrendo parallelo al fiume Po, sfociava direttamente nel mare Adriatico, senza quindi sfociare nel Po.

 Il Bertazzolo poi, mediante una discussa e, molto probabilmente, non attendibile trascrizione di una lapide smarrita nel Po, dimostrò che il fiume Mincio fu deviato artificialmente in Po per ordine del Senato romano.

In realtà già autori di epoca romana come Strabone[6] e Plinio il Vecchio[7] descrivono il Mincio affluente del Po come oggi.[8]

A parte la questione dell’antico percorso del Mincio, resta in ogni caso un dato: dopo circa 330 anni dallo storico incontro, esisteva già una tradizione locale, oppure una semplice interpretazione storica, che il grande evento avvenne dove il Mincio sfocia nel Po. Se fosse una semplice affermazione, frutto dalla fantasia del cronista storico criticato come credulone e ingenuo, quali potevano essere stati gli interessi di Paolo Diacono nel precisare tale particolarità? A quei tempi non vi erano i campanilismi topografici o toponomastici.

Se non è chiaro da dove provenga la precisazione topografica “dove il Mincio sfocia nel Po”, ancora meno dove sia da collocare l’antica foce del Mincio, giacché numerosi documenti medioevali collocano Governolo in posizioni diverse sempre legate al Po e al Mincio. La questione del luogo preciso dove nel 452 il fiume Mincio sfociava nel fiume Po, è ancora aperta anche se una zona non molto lontana da Governolo è sicuramente la più verosimile.

Molto decisivo fu lo studio del Bertazzolo pubblicato nel 1614: avvalorò la tesi dell’incontro a Governolo con le affermazioni di Platina[9], di Jacopo Bergomense, di Biondo Flavio, del Sabellico, di Giovanni Nauclero e gli Annali del Baronnio. Tutti cronisti storici indotti, molto probabilmente, da Paolo Diacono.

La tesi sostenuta dal Bertazzolo con la sua dettagliata relazione sui fatti dello storico incontro, gli ha permesso di ricevere, dalla Chiesa di Roma, le reliquie del Santo Papa Leone Magno, con l’autentico per la loro ricognizione e venerazione.

Fu una grande soddisfazione per il Vescovo Francesco Gonzaga e per il Duca Cardinale Ferdinando Gonzaga di Mantova.

Il noto ingegnere fece costruire vicino alla foce del Mincio una chiesetta - oratorio - dedicata a S. Leone, inoltre affidò l’incarico al valente pittore Francesco Borgani, di dipingere un quadro raffigurante lo storico incontro nel 452. Il dipinto si può ancora ammirare presso l’altare di marmo seicentesco nella sacrestia della chiesa parrocchiale di Governolo ove sono pure conservati alcuni piccoli frammenti di quelle reliquie.

Dell’oratorio dedicato a S. Leone Magno non vi sono più tracce evidenti, ma rimane il segno topografico della mappa settecentesca teresiana e su un disegno settecentesco di un progetto idraulico di Azzalini.[10]

Narra il Tonelli che l’oratorio dedicato a S. Leone, fu distrutto da un turbine nel 1759.[11]

Poco a nord di Governolo, presso Nosedole, esiste ancora oggi un interessante località archeologica detta Fortino d’Attila. Nonostante il recupero di qualche reperto archeologico, molto probabilmente il nome di questa località risale dopo il Bertazzolo. Per il momento, non emergono testimonianze del nome Fortino d’Attila, prima del 1600. Altri ipotizzano una località vicino Ostiglia.

 

 

l tempietto di S. Leone Magno

 Il tempietto dove furono esposte per la prima volta le reliquie ci è descritto adornato con una grandissima loggia sopra l’altare fatta di tende, di tappezzerie, di drappi di diversi colori con molti festoni.

La loggia aveva due porte rispettivamente per l’entrata e per l’uscita della processione. In quel grandioso giorno furono lasciate sull’altare quelle ghirlande e quei fiori che furono portati durante la prima processione.

In tale circostanza il Bertazzolo ci riporta tutte quelle scritte che rendevano lode a S. Leone Magno.[12] Nella visita Pastorale del 1717 fu confermato il diritto parrocchiale su quella chiesetta (e non del Possevino), con riserva dei diritti del Picchi fino a quando non ne dimostrarono gli atti.

Il Vescovo poi, ordinò che fosse fatto un gradino di assi per rendere più adatto l’altare alla celebrazione e fossero riparate le finestre con le reti.

Nella Visita Pastorale del 1724 è riportata la notizia che tale oratorio aveva solo un altare ed era mantenuto dignitosamente dal conte Picchi.

Fu comandato che fosse sospeso l’uso dell’oratorio se non fossero state riparate le finestre. [13]

 

 

La prima festa dedicata a S. Leone

 Nell’anno 1614 il giorno 10 aprile, a Governolo vi fu una grande festa e una solenne cerimonia religiosa. Così il Bertazzolo cercò di esprimere quegli indimenticabili giorni di festa:

 “...incominciò a dunque alli 10 di aprile del presente anno 1614, il giorno precedente alla festa di S. Leone, mentre arrivò nella barca destinata la cassetta delle Sante reliquie, accompagnata da molti preti, e da’ Signori Musici di S.A., la quale fu levata fuori e portata alla chiesa processionalmente dal Signor Don Girolamo Filippi degnissimo arciprete di Governolo accompagnati dalli Molti Reverendi Padri di S. Francesco di Paola”.[14]

 Il Bertazzolo continua descrivendo la presenza della confraternita del SS. Sacramento, nonché del Commissario, dal Massaro, e dai governolesi. Le reliquie furono collocate sull’altare Maggiore.

Il notaio di Governolo Signor Marco Tullio Costa fece un rogito che dichiarò tali reliquie donate dal Bertazzolo alla comunità di Governolo.

Le reliquie furono custodite in una cassa grande che ne proteggeva una più piccola destinata ad essere collocata nella nicchia sotto l’altare.

Il Bertazzolo descrive il reliquiario in questi termini:

 “... feci fare una cassetta d’ebano, rimessa di cristalli di Monte e di lapislazuli (lapislazzuli), la quale tutta coperta di fogliami d’oro, con una croce medesimamente di cristallo finissimo, tutta d’un pezzo in cima, in argento d’orato legata, forma un molto appropriato reliquario...”.

 L’arciprete, il Massaro, il Commissario e il Massaro del SS. Sacramento ebbero in consegna una chiave ciascuno: i primi tre per la cassa e il quarto per la nicchia.

In questa circostanza fu espresso il patto che tale reliquia oltre ad essere aperta in presenza di queste quattro persone, potesse essere esposta alla venerazione dei fedeli soltanto l’11 aprile di ogni anno e cioè per l’occasione della processione di S. Leone. Inoltre poteva essere esposta in circostanze straordinarie come il periodo dell’inondazione del Po, peste e fame, guerra, ecc. per impetrare alla misericordia divina le grazie necessarie. Ogni qualvolta si esponeva la reliquia doveva essere accompagnata dal suono della campana della torre e della chiesa.

Tale cerimonia doveva svolgersi al suono dei tamburi in memoria della guerra fra Attila e la cristianità.

Il giorno seguente, l’11 aprile 1614, il Bertazzolo ci narra che alla presenza del Vescovo fu cantato un grazioso motetto e così ci descrive la processione:

 

“... ed incamminata la processione, alla quale precedeva prima un buon numero di figliuoli i quali col diadema, ale, e vesti appropriate, erano benissimo figurate per angioli portando ciaschedun di loro una ghirlanda in una mano di fiori e nell’altra una palma, a questi seguiva un grandissimo numero di vergini, e di fanciulli tutti vestiti di bianco, medesimamente con una ghirlanda in capo, ed una per mano, succinti con cente e bande di diversi colori, e dopo questi le confraternite de’ disciplinati delle scuole circonvicine, con quelli di Governolo; e dopo questi i frati di S. Francesco di Paola, e dindi i preti in grandissima quantità; e finalmente il baldacchino, sotto il quale era portata la cassetta delle Sante reliquie per mano del Signor Don Francesco Orlandi, dal quale fu dopo la processione, cantata la messa nuova, essendo accompagnata sempre la processione dalle viviole e da un nobilissimo coro di musici di Sua Altezza, oltre il Coro della Musica fatta dal clero, i quali tutti a vicenda andavano con dolcissima armonia onorando la processione, e lodando la divina Maestà delle grazie che alla sua immensa bontà pica concederci”.[15]

 Terminata la processione, arrivati sul luogo, vi fu un momento di silenzio e poi fu ricantato un motetto.


[1] Monofisismo. Dottrina teologica che negava la natura umana in Gesù Cristo affermandone l'unica natura divina. Si diffuse nei sec. V-VI per opera di Eutiche*. Sono tuttora monofisite: la Chiesa giacobita di Siria, la Chiesa gregoriana armena, la Chiesa copta d'Egitto e d'Etiopia, i patriarcati di Costantinopoli e di Gerusalemme.
[2] Donesmondi, Dell’historia ecclesiastica di Mantova 1612 - 16 p. 506.
[3] Il libro dedicato alla vita di S. Leone Magno, fu stampato prima nel 1614 dai fratelli Osanna, poi ristampato (con aggiunta di alcune annotazioni per ordine dei reggenti e uomini della comunità di Governolo) nella stamperia di Alberto Pazzoni di S. Benedetto Po nel 1727 con il titolo: “Breve descrizione della vita di S. Leone Primo, Pontefice Ottimo Massimo e di Attila flagello di Dio...”. L’ottima e particolareggiata descrizione della prima e solenne processione si trova da pag. 30 a pag. 37.
[4] Paolo Diacono. Storico longobardo (forse Cividale ca. 720-Montecassino ca. 799) di nobile famiglia, studiò a Pavia presso la corte del re Rachi. Monaco forse dal 749 a Civate e a Montecassino, tornò alla corte longobarda dopo il 756 come precettore della figlia del re Desiderio, alla quale dedicò (768) la sua Historia romana, rifacimento e continuazione del Breviario di Eutropio.
[5] Paolo Diacono - Historia romana, XIV, 11 - 13 ed. A. Crivelluci pp. 196 - 97.
L’importante e storico incontro viene ricordato dai contemporanei del tempo Prospero di Aquitania e dal vescovo spagnolo Idozio. Purtroppo non ci lasciano delle precisazioni topografiche dell’evento. Si dovrà aspettare Jordanes, 100 anni dopo l’incontro storico e precisamente alla metà del VI secolo, per cogliere qualche dato inedito, senza però sapere la fonte delle sue importanti notizie topografiche.
Jordanes inserisce nel racconto che Papa Leone incontrò Attila in agro Venetum Ambulejo, ubi Mincius amnis commeantium frequantatione transitur (nel campo veneto detto Ambuleio, dove il fiume Mincio è attraversato - tragittasi - da una moltitudine di viaggiatori (Jordan. Jetica XLI - XLII, 222 - 223 ed. Th. Mommsem). Come si può ben notare, Jordanes non precisa dove il Mincio sfocia...
[6] C. Gobbetti Governolo un viaggio nella storia, ed. governolese 1987 p.25.
Strabone: . Storico e geografo greco (Amasia, Ponto, 64-63 a. C.-ca. 20 d. C.). Nel 44 forse si trasferì a Roma.
Dei suoi numerosi Schizzi storici andati perduti, ci rimane invece la Geografia in 17 libri.
L'opera è assai importante per la quantità di dati che ci trasmette anche al di là della pura scienza geografica.
Bibliografia:
J. O. Thomson, History of Ancient Geography, New York-Londra, 1948; G. Aujac, Strabon et la science de son temps, Parigi, 1966; D. Musti, Strabone e la Magna Grecia, Padova, 1988.
[7] C. Plinius Caecilius Secundus: scrittore latino (Como 61/62-ca. 112) Lo scienziato Plinio il Vecchio, da cui prese il nome. studiò a Roma sotto Quintiliano e iniziò a 18 anni una fortunata carriera di avvocato. Già sotto Domiziano ebbe diverse cariche pubbliche.
[8] C. Gobbetti Governolo un viaggio nella storia, ed. governolese 1987 a p.25 vi è riprodotto tale disegno.
[9] Bartolomeo Sacchi Platina: umanista italiano (Piadena, Mantova, 1421-Roma 1481).
Nel 1461 si trasferì a Roma, dove entrò a far parte dell'Accademia romana. Divenne bibliotecario della Vaticana. La sua fama è soprattutto legata al Liber de vita Christi ac omnium pontificum (1474), una silloge di biografi di pontefici. Il Platina scrisse anche Historia urbis Mantuae ab ejius origine usque ad annum MCDLXI, in Rerum Italicarum Scriptores, XX Milano 1731, coll. 609-862.
[10] C. Gobbetti Governolo: un viaggio nella storia p. 126
[11] Tonelli Nelle Memorie di Mantova 1777, p. 67, vol. IV. -  C. Gobbetti Governolo: un viaggio nella storia ed. governolese p. 129.
[12] Bertazzolo “Vita di S. Leone...”, pp. 32 - 33. Nelle Visite Pastorali del 1600 e del 1700 non vennero documentate particolari notizie sulla descrizione di tale oratorio (chiesetta). Nella Visita Pastorale del 1674 vi era la pretesa di un certo Possevino di avere dei diritti sul detto oratorio, ma poiché nella visita Pastorale precedente del 1647 non vi era accennato per nulla a tale diritto, il vescovo ordinò che se non fosse stato possibile documentare tale diritto, fossero restituite le chiavi all’arciprete.
[13]. C. Gobbetti Governolo: un viaggio nella storia p. 114.
[14] Bertazzolo, “Vita di S. Leone...” p. 30. A questo punto viene precisato nella ristampa del 1727 che tali Padri avevano convento e chiesa nel castello di Governolo e che tale convento fu distrutto dalle ultime guerre, mentre nella chiesa rimasta parrocchiale, fu fondata la Compagnia del santo Perdon d’Assisi di 3.000 fratelli.
[15] Bertazzolo “Vita di S. Leone...”, pp. 31 - 32.